Impotenza - Eduardo J. Carletti


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Tradudido al italiano por Claudio Tinivella.

È un ragazzo dal volto grigiastro e dai jeans rammendati. Sta sudando in modo tale da sembrare più fuori posto nell’ambiente High Tech sterilizzato della reception che uno sterco di vacca nella hall d’ingresso di un hotel a cinque stelle. Il giovane entra proprio quando inizia la musica di fondo: un robusto colpo di tamburo, un ricamo del basso e il tintinnare dei piatti. L’uomo alla porta lo osserva e grugnisce: il ragazzo è uno schifo e sembra sul punto di svenire. Ad ogni modo, non pensa di aiutarlo. Volta la testa e prosegue la lotta che ha intrapreso con il programma di scacchi di un videogame da quattro lire. Il giochino geme e ride fra le sue dita con stridenti rumori allacciati. Il ragazzo porta una grande cassa di cartone ricoperta in tutti i suoi lati da quegli strani geroglifici che di solito coprono le casse di imballaggio. Fra i segni indecifrabili di quell’alfabeto straniero si riconoscono solo tre grosse lettere: CPU. Si avvicina al grande tavolo di plastica della reception, appoggia i suoi polpacci avvolti nella tela distrutta del jean sull’angolo arrotondato del retro del tavolo, come eseguendo un ultimo movimento di capitolazione, e lascia la cassa là sopra. La stampante della reception spara una piccola tessera di plastica, che il ragazzo osserva per un instante e poi ripone nella tasca della camicia. La tesserina contiene una breve scritta che dice: Vale pEr 50 gramMI dI algHE OMOGENEIzZaTE. La banda musicale, frattanto, fa sentire alcuni suoni elettrici molto distorti, che scivolano con asprezza: una chitarra hawaiana arrochita e irriconoscibile.

Il ragazzo entra nello sgabuzzino di un metro e cinquanta per due che serve da laboratorio a una decina di apprendisti. Si lascia cadere sulla vecchia poltrona spelata del capo, appoggiando le sue scarpe impolverate sul tavolo. Socchiude gli occhi, mezzo addormentato dalla stanchezza. La finestra gli lascia vedere una sottile striscia di luce solare che si infrange sulla parete scrostata del vicolo. Guarda attraverso il vetro e, per puro caso, vede passare una ragazza dai seni magnifici, duri ed eretti, che ballonzolano sotto alla camicetta color giallo rabbioso. La ragazza lo vede, volta un poco il capo e, sorprendentemente, gli sorride con generosità. Il ragazzo sente che il cuore gli scoppia. Si alza di colpo, con l’intenzione di uscire e seguirla, ma una nausea improvvisa lo fa vacillare e vedere l’aria che ondeggia, come se guardasse attraverso tonnellate di acqua. Compie uno sforzo per avanzare fino alla porta, ma gli risulta impossibile. Deve tornare a sedersi. Aspettare.

Passa un minuto e la nausea svanisce. Adesso il ragazzo, che si sente un po’ meglio, si accarezza i contatti sulle tempie e chiude gli occhi. Si immagina la ragazza che gli si avvicina nuda nell’alone violaceo del suo appartamento. Sente che il suo ventre si incendia. Il suo membro si indurisce e non può più resistere. Attiva il computer con una manata, si inserisce i sensori con mano tremante e penetra nella RV. Preme i pulsanti a una velocità che solo lui può raggiungere e sceglie rapidamente le opzioni del tracer per far sì che si materializzino le forme voluttuose della ragazza. Nessuno è abile come lui: regola controlli di Huesound e la fa ballare con entusiasmo per lui. Cinque minuti più tardi si rilassa, ansimando, sulla sedia. La chitarra strascina suoni aspri, acidi. fino a ottenere il giallo giusto della camicetta e la forma esatta dell’ombra dei suoi enormi seni sopra la stretta cintura. Alla fine connette il

Prima di uscire, e come fa sempre, annota una tacca in più sulla sdrucita lista di carta del computer che ha collegato alla parete del suo appartamento virtuale.

Eduardo J. Carletti

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