La casa - Carlos Suchowolski
Texto en español en Una botella llena de luciérnagas: "La casa"
Indietreggiai di spalle mentre fissavo la facciata con precisione
maniacale. Osservandola attraverso l’obiettivo, l’angoscia andava
sostituendosi alla rabbia che mi aveva spinto a uscire al suono dei
colpi e dei sussulti delle pareti. Mi rifiutavo di capire perché si
fosse comportata come in preda all’ubriachezza, facendo sì che i miei
sensi passassero il punto di rottura, e allora feci per tornare
indietro, anche se avrebbe voluto dire rinnegare la mia dignità,
accettando (con le prevedibili conseguenze) la sottomissione
incondizionata; elemosinare d’essere accolto persino come schiavo,
prometterle ciò che… ciò che avrebbe finito per lasciarmi senza neanche
un pugno di mosche, come altre volte mi era già successo. Con un colpo
di coda, un’ondata di rabbia residua mi aggredì, e mi obbligò a
stringere i denti mentre premevo involontariamente l’otturatore,
immortalando, come si suol dire, la facciata. E in quel momento riuscii a
vedere quanto succedeva: si stava disfacendo, là, dietro!... da dietro,
dal fondo…! Stava svanendo al tempo stesso in cui cadeva a pezzi!
Finalmente
compresi ogni cosa… Come ero potuto essere tanto cieco e stupido…! Avevo
barato così da abbandonarla e da sopravviverle…! Avevo messo in scena
un’assurda pantomima per non vedere… l’orrore, e risparmiarmi la caduta!
Lei sapeva che non l’avrei lasciata volentieri, che avrei preferito
morire insieme a lei, abbracciato dalle sue pareti, schiacciato sotto le
sue macerie… Desiderai odiarla ancora… ma non ci riuscii… E mentre lei
scompariva, sola, abbandonata, pezzo dopo pezzo… il tetto, la facciata,
il giardino… in ultimo il cancello…, io restavo là davanti, preservato
dalla rovina senza averlo desiderato. La macchina fotografica mi tremava
tra le mani con la foto dentro, ancora non svelata, fragile ed
effimera, come tutto, rifiutandosi, come me, nella sua debolezza, di
ammetterlo.
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