Texto en español en Una botella llena de luciérnagas: "La casa"
Traducido al italiano por Stefano Valente
Indietreggiai di spalle mentre fissavo la facciata con precisione
maniacale. Osservandola attraverso l’obiettivo, l’angoscia andava
sostituendosi alla rabbia che mi aveva spinto a uscire al suono dei
colpi e dei sussulti delle pareti. Mi rifiutavo di capire perché si
fosse comportata come in preda all’ubriachezza, facendo sì che i miei
sensi passassero il punto di rottura, e allora feci per tornare
indietro, anche se avrebbe voluto dire rinnegare la mia dignità,
accettando (con le prevedibili conseguenze) la sottomissione
incondizionata; elemosinare d’essere accolto persino come schiavo,
prometterle ciò che… ciò che avrebbe finito per lasciarmi senza neanche
un pugno di mosche, come altre volte mi era già successo. Con un colpo
di coda, un’ondata di rabbia residua mi aggredì, e mi obbligò a
stringere i denti mentre premevo involontariamente l’otturatore,
immortalando, come si suol dire, la facciata. E in quel momento riuscii a
vedere quanto succedeva: si stava disfacendo, là, dietro!... da dietro,
dal fondo…! Stava svanendo al tempo stesso in cui cadeva a pezzi!
Finalmente compresi ogni cosa… Come ero potuto essere tanto cieco e stupido…! Avevo barato così da abbandonarla e da sopravviverle…! Avevo messo in scena un’assurda pantomima per non vedere… l’orrore, e risparmiarmi la caduta! Lei sapeva che non l’avrei lasciata volentieri, che avrei preferito morire insieme a lei, abbracciato dalle sue pareti, schiacciato sotto le sue macerie… Desiderai odiarla ancora… ma non ci riuscii… E mentre lei scompariva, sola, abbandonata, pezzo dopo pezzo… il tetto, la facciata, il giardino… in ultimo il cancello…, io restavo là davanti, preservato dalla rovina senza averlo desiderato. La macchina fotografica mi tremava tra le mani con la foto dentro, ancora non svelata, fragile ed effimera, come tutto, rifiutandosi, come me, nella sua debolezza, di ammetterlo.
Finalmente compresi ogni cosa… Come ero potuto essere tanto cieco e stupido…! Avevo barato così da abbandonarla e da sopravviverle…! Avevo messo in scena un’assurda pantomima per non vedere… l’orrore, e risparmiarmi la caduta! Lei sapeva che non l’avrei lasciata volentieri, che avrei preferito morire insieme a lei, abbracciato dalle sue pareti, schiacciato sotto le sue macerie… Desiderai odiarla ancora… ma non ci riuscii… E mentre lei scompariva, sola, abbandonata, pezzo dopo pezzo… il tetto, la facciata, il giardino… in ultimo il cancello…, io restavo là davanti, preservato dalla rovina senza averlo desiderato. La macchina fotografica mi tremava tra le mani con la foto dentro, ancora non svelata, fragile ed effimera, come tutto, rifiutandosi, come me, nella sua debolezza, di ammetterlo.
Publicado en italiano en Il Sogno del Minotauro
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