Texto en español en Breves no tan breves: "Noche de concierto"
Traducido al italiano por Graciela Mateos.
Le poltrone s’occultano nell’ombra, appena amorfe sagome: forse mostri, forse pianti maligne. La penombra opprime, vuole diventare tenebre. Il teatro promette di divenire una prigione sotterranea, o pure un tabernacolo. Guardo in giù, l’abisso della platea. Non so s’immagino le luci o se davvero ardono illuminando un possibile cammino.
Suona un pianoforte: invito vigoroso, allegro. Però viene interrotto da un intreccio di violini e di flauti che scorre su un tuonare di violoncelli. Nuovamente la tastiera di ebano e d’avorio conquista l’aria, l’orchestra tace. Un lento duello al primo sangue, e riesce vincitore il pianoforte.
E ora vibra la tristezza in ogni nota della partitura. L’assolo diventa sabbia che inonda la mia gola, aghi che penetrano nelle mie orecchie.
Intuisco che ciò non è stato composto da un essere umano. So che non può trattarsi di una mera combinazione di chiavi su un semplice pentagramma. È stato ordito da qualche creatura soprannaturale.
La risposta giunge come una rivelazione: in realtà quest’adagio è una serpe di musica che prende vita, che zittisce un incantesimo spiegando magia nei poveri cuori mortali.
E sulla scena accade l’impossibile: un rumore assordente, delle scosse, il palcoscenico che si scuote, che si squarcia in un sisma.
Mi alzo dalla poltrona. Forse i miei occhi m’ingannano... o è un altro trucco della serpe? Perchè ora un lampo colpisce furioso, e dalle scintillanti viscere della terra emergono fiori e sassi e uccelli. S’innalza il tavolato, si disfa in strisce di legno che danzano sull’aria, ora umida, della sala. All’improvviso, le strisce smettono di volare e formano una sola figura.
Un ponte.
Congetturo che in qualsiasi momento apparirà una cascata avvolta dal sipario, farà la sua apparizione un bosco incantato.
E il ponte potrà sollevarci verso quel paradiso. E salvarci.
Ci credo.
Comunque non sono sicura di voler attraversare quel ponte.
Suona un pianoforte: invito vigoroso, allegro. Però viene interrotto da un intreccio di violini e di flauti che scorre su un tuonare di violoncelli. Nuovamente la tastiera di ebano e d’avorio conquista l’aria, l’orchestra tace. Un lento duello al primo sangue, e riesce vincitore il pianoforte.
E ora vibra la tristezza in ogni nota della partitura. L’assolo diventa sabbia che inonda la mia gola, aghi che penetrano nelle mie orecchie.
Intuisco che ciò non è stato composto da un essere umano. So che non può trattarsi di una mera combinazione di chiavi su un semplice pentagramma. È stato ordito da qualche creatura soprannaturale.
La risposta giunge come una rivelazione: in realtà quest’adagio è una serpe di musica che prende vita, che zittisce un incantesimo spiegando magia nei poveri cuori mortali.
E sulla scena accade l’impossibile: un rumore assordente, delle scosse, il palcoscenico che si scuote, che si squarcia in un sisma.
Mi alzo dalla poltrona. Forse i miei occhi m’ingannano... o è un altro trucco della serpe? Perchè ora un lampo colpisce furioso, e dalle scintillanti viscere della terra emergono fiori e sassi e uccelli. S’innalza il tavolato, si disfa in strisce di legno che danzano sull’aria, ora umida, della sala. All’improvviso, le strisce smettono di volare e formano una sola figura.
Un ponte.
Congetturo che in qualsiasi momento apparirà una cascata avvolta dal sipario, farà la sua apparizione un bosco incantato.
E il ponte potrà sollevarci verso quel paradiso. E salvarci.
Ci credo.
Comunque non sono sicura di voler attraversare quel ponte.
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